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Giochi d’alchimia: un viaggio tra pozioni e avventure

Mi sono ritrovato a chiacchierare con alcuni colleghi riguardo la piccola nicchia dei giochi incentrati sulla creazione di pozioni. Titoli come Wytchwood, Potionomics e Strange Horticulture offrono esperienze uniche per gli appassionati di erbe, cocktail e mixology. Dopo aver completato il mio terzo articolo sulle professioni più strane tradotte in meccaniche di gioco, ho deciso di immergermi in questo mondo. Vi terrò aggiornati sulla nascita di una nuova passione, ma nel frattempo ho iniziato a cercare giochi che mettano al centro la figura dell’alchimista. E se ci pensiamo bene, l’idea di mescolare ingredienti è sempre stata presente nel gaming.

Un corridoio intrigante e misterioso

La mia prima esperienza con il crafting risale al primo Resident Evil, un gioco che affrontai quando il mio inglese era ancora rudimentale e non avevo l’età giusta per comprendere appieno ciò che accadeva sullo schermo. È stato proprio grazie a quel titolo che ho imparato termini come “usa”, “verifica” e “combina”. Tuttavia, la mia comprensione di cosa fosse un “Jill sandwich” era piuttosto confusa. Le istruzioni relative alle erbe erano semplici: l’erba verde cura, l’erba rossa aumenta l’effetto di quella verde, mentre l’erba blu serve contro l’avvelenamento. Mischiarle tutte insieme produceva un potente spray curativo. A catturare la mia attenzione era soprattutto la rappresentazione grafica delle erbe, ben dettagliate su un foglietto di carta. La mia mente giovane si chiedeva come avvenisse realmente l’applicazione. Ricevetti risposte scherzose da amici più grandi, ma col senno di poi credo che l’animazione che avremmo voluto vedere fosse quella di un bendaggio, con l’avventuriero che si applica le erbe sulla ferita, mentre queste interagiscono con i tessuti per favorire la guarigione. Solo nei capitoli successivi l’illustrazione cambia, sostituendo le erbe con una fialetta e, nel quinto capitolo, vediamo l’uso di uno spray. Peccato, perché a mio avviso abbiamo perso un po’ di fascino in questo passaggio.

Erboristi e avventurieri a Raccoon City

Molti giochi presentano protagonisti che si dilettano a mescolare sostanze. In titoli come Days Gone, Horizon: Zero Dawn e Styx, il crafting è già parte integrante del gameplay. Essere abili in questo campo è una competenza scontata, tanto che non sempre è necessario trovarsi in un luogo specifico per raccogliere materiali. Pochi universi narrativi, come The Witcher e Kingdom Come, si prendono la briga di spiegare l’origine di queste abilità. In generale, però, l’alchimia è solo uno degli elementi di gioco, e non è mai stata il fulcro di un’esperienza. Prima di addentrarci nella nicchia dei giochi sul crafting di pozioni, ci sono stati titoli in cui questo aspetto permeava l’intera esperienza di gioco.

Pozioni per le ferite

Confesso che stavo pensando di includere A Plague Tale nella mia analisi sui ladri, poiché il gameplay stealth è predominante, ma il vero talento di Amicia emerge nella sua capacità di mescolare scienza e alchimia. La storia ruota attorno a questa figura e al folklore che la circonda, rendendo impossibile separare il percorso di Amicia dal contesto in cui si muove. Si tratta di una ragazza che affronta guardie armate e, in alcuni casi, tsunami di ratti. Amicia, inizialmente una giovane aristocratica con una vera passione per la fionda, si trova costretta a imparare in fretta per sopravvivere.

La storia inizia con una battuta di caccia apparentemente innocente, ma ben presto si trasforma in un incubo. Dopo aver perso il suo fedele cane, la situazione si complica ulteriormente quando un reggimento arriva nella villa con l’intento di rapire il fratello Hugo, lasciando solo distruzione dietro di sé.

Non lasciate mai spegnere la torcia

Il racconto di A Plague Tale è caratterizzato da un ritmo incalzante e da un tono drammatico che oscilla tra momenti di tensione e situazioni più leggere, a volte addirittura comiche. Tuttavia, è proprio questo contrasto a rendere l’esperienza unica. La narrazione si intreccia con un design di gioco stealth, dove il buio diventa un elemento cruciale. I ratti, creature antiche e misteriose, si scatenano con una ferocia inimmaginabile, distruggendo tutto ciò che incontrano. E quando la situazione si fa critica, è possibile utilizzarli per distrarre i nemici, spegnendo strategicamente le fonti di luce.

Il gameplay è tipico di un action adventure cinematografico, con fughe, momenti horror e combattimenti che possono sembrare confusi. Amicia, una giovane donna contro avversari imponenti, deve destreggiarsi tra la protezione del fratello e la sopravvivenza. A volte, la narrazione sfocia nel ridicolo, come quando più di dieci soldati la mirano e lei riesce a colpirli uno dopo l’altro con la fionda. E non dimentichiamo i ratnado, che di certo non hanno bisogno di presentazioni.

La bellezza in A Plague Tale

Nonostante i difetti, il secondo capitolo di A Plague Tale riesce a costruire un contesto narrativo più solido, ampliando le tematiche del primo titolo. Con nuove avventure all’orizzonte, non vedo l’ora di scoprire cosa riserverà il terzo capitolo, recentemente annunciato. E non dimenticate di ascoltare la colonna sonora del secondo gioco, che riesce a rimanere impressa.

Pozioni per la follia

Tornando indietro nel tempo, nel 2005, Capcom ha lanciato un survival horror con inquadrature fisse che ha segnato un’epoca. Sebbene la storia sia ambientata nei tempi moderni, ci conduce in un castello surreale dove la mappa sembra più un labirinto che un luogo reale. Nonostante non ci siano armi letali a disposizione, incontreremo Hewie, un cane che diventa un prezioso alleato, capace di aiutarci a recuperare oggetti e a difenderci.

La protagonista Fiona deve apprendere rapidamente le basi dell’alchimia, mescolando ingredienti misteriosi per creare pozioni di vario tipo. Queste combinazioni non sempre producono effetti positivi e ogni intruglio può avere risultati inaspettati. Dobbiamo anche stare attenti a cosa diamo da mangiare al nostro amico Hewie, poiché un momento di follia potrebbe portarlo ad attaccare anche noi.

Pozioni e patologie

Con l’arrivo di Pathologic 3, la saga si espande ulteriormente. Il secondo capitolo, in particolare, si concentra su Artemy Burakh, un personaggio che ha una visione diversa della realtà. In un mondo in cui le leggi della fisica sono sovvertite e il sangue diventa un fertilizzante, Artemy utilizza le pozioni come strumenti diagnostici, ma il rischio di reazioni avverse è sempre presente. La scarsità di risorse e la mancanza di risposte chiare rendono la situazione ancora più complicata.

Un nuovo approccio al gameplay

Questi titoli dimostrano che è possibile creare giochi con protagonisti che si distaccano dalla figura tradizionale del guerriero esperto. Offrono esperienze che esplorano abilità uniche, rendendole parte integrante della narrazione. Non stiamo parlando di storie mai viste prima, ma a volte, cambiando la prospettiva, si riesce a scoprire qualcosa di sorprendente. Mi chiedo come potrebbe essere un gioco post-apocalittico dal punto di vista di un vigile del fuoco… chissà!