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Beneath: un viaggio oscuro nelle profondità insondabili

Certe profondità sono così misteriose da non restituire mai ciò che inghiottono, proprio come il gioco Beneath, che ci porta in un abisso dove la luce si piega, l’ossigeno scarseggia e la mente implode prima del corpo.

Sviluppatore e pubblicazione

Sviluppato da Camel 101 e pubblicato da Wired Productions, Beneath è previsto per il lancio nel terzo trimestre del 2025 su PC (Steam), PlayStation 5 e Xbox Series X|S. Questo studio indipendente portoghese ha già realizzato titoli come Those Who Remain e Syndrome, entrambi caratterizzati da un approccio alla paura più psicologica che visiva. Nonostante il team sia ridotto, la loro capacità di creare atmosfere opprimenti è evidente e rende l’esperienza di gioco intensa e coinvolgente.

Una nuova avventura in prima persona

Con Beneath, gli sviluppatori hanno deciso di abbracciare una sfida più ambiziosa, avventurandosi nel territorio del survival action in prima persona. Nei panni di Noah Quinn, un sommozzatore esperto, ci ritroviamo intrappolati in un complesso sottomarino abbandonato, infestato da entità misteriose e segreti inquietanti. Tra incubi ispirati a Lovecraft e una tensione claustrofobica palpabile, Beneath cerca di mescolare horror psicologico e azione strategica, costringendo il giocatore a misurare ogni respiro come se fosse l’ultimo.

Il silenzio come forma di pressione

L’identità di Beneath si costruisce attorno all’angoscia dell’isolamento: il battito cardiaco, il rumore dell’acqua e le voci che echeggiano tra le pareti arrugginite creano un’atmosfera inquietante. La routine della sopravvivenza diventa un rituale carico di ansia. Ogni passo è un rischio, ogni stanza può trasformarsi in una trappola o in un miraggio. Un aspetto intrigante è la gestione della paura come risorsa, interconnessa con un sistema di lucidità che influenza la percezione dell’ambiente. Quando Noah perde il controllo, i corridoi si deformano, le luci lampeggiano e le ombre si moltiplicano. Il giocatore deve quindi trovare un equilibrio tra stabilità mentale e scelte pragmatiche, come risparmiare ossigeno o munizioni, già di per sé scarse.

Un ambiente di costante minaccia

Sott’acqua, l’atmosfera evoca una minaccia perenne. Non ci sono luoghi di sicurezza definitivi, solo spazi temporaneamente tranquilli. Il design dei livelli si basa su verticalità e navigazione tattile, sfruttando corridoi sommersi e passaggi secondari per generare disorientamento. La luce, invece di essere un aiuto, diventa un’illusione che amplifica le paure. La suspense si costruisce lentamente, giocando su suoni e attese, piuttosto che su spaventi improvvisi.

L’oscurità come linguaggio

Beneath non punta a stupire con effetti speciali, ma trasforma l’ambiente in un’entità viva, che sembra interagire con il giocatore. Il complesso subacqueo, con il suo realismo industriale e un abbandono palpabile, reagisce alle azioni di Noah: il metallo scricchiola, le tubature tossiche si deformano e i corpi riemergono dal buio come visioni di colpa. L’estetica ricorda più Soma che Dead Space, con un forte impatto emotivo, pur presentando momenti di azione intensa e scontri a fuoco che necessitano di qualche miglioramento.

La fragilità dell’essere umano

Il combattimento, in questo contesto, non è l’obiettivo primario, ma un mezzo per sopravvivere. Le armi da fuoco offrono una sensazione di peso realistico, rallentato dalla resistenza dell’acqua e dalla necessità di gestire l’ossigeno. Ogni colpo è una decisione cruciale e ogni ricarica un lusso raro. Nonostante la struttura tenda verso la linearità, Camel 101 introduce brevi deviazioni che ricompensano la curiosità con frammenti narrativi o strumenti utili. Il ritmo alterna momenti di esplorazione silenziosa a picchi di panico, mantenendo il giocatore sempre in allerta.

Il confine tra realtà e delirio

La narrazione si sviluppa seguendo i canoni dell’horror psicologico classico, dove il confine tra realtà e delirio si assottiglia ad ogni passo. Noah non è un eroe, ma un uomo in balia di un senso di colpa che emerge lentamente. L’acqua non è solo un ambiente, ma una metafora della sua mente: torbida, profonda e impossibile da attraversare senza perdersi.

Verso un’esperienza più intima

Nonostante alcune imperfezioni tecniche e animazioni da affinare, Beneath riesce a catturare l’attenzione grazie al suo tentativo di unire tensione narrativa e gameplay tattico, evitando di ridurre la paura a un semplice espediente. L’orrore non deriva dai nemici, ma dall’assenza di controllo. L’acqua filtra ovunque, i suoni arrivano distorti, e la luce diventa traditrice, lasciandoci sospesi tra due realtà.

Sotto la superficie del tradizionale survival horror, Camel 101 sembra voler esplorare la vulnerabilità dell’essere umano isolato, privato di punti di riferimento e costretto a combattere contro il vuoto. È una paura ancestrale, risalente al nostro terrore per le profondità marine, che Beneath riesce a restituire con coerenza visiva e sonora. Se lo studio portoghese riuscirà a levigare gli angoli più spigolosi, Beneath potrebbe ritagliarsi un posto di rilievo nel panorama horror contemporaneo, lontano dagli eccessi action e più vicino a quel tipo di narrazione psicologica che preferisce scavare a fondo piuttosto che colpire in superficie. Una proposta che promette di rimanere impressa nella memoria, fino a quando il terrore non ci avvolgerà e ci farà implodere.