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Cosa succede unendo John Wick con un gioco da tavolo a caselle, l’estetica minimalista di Superhot e un deck builder? Recentemente ho provato Knights in Tight Spaces e l’esperienza è stata così coinvolgente da spingermi a giocare subito il suo predecessore, Fights in Tight Spaces. Pur condividendo la stessa brillante idea e una direzione artistica accattivante, ho notato alcune criticità nell’esecuzione che spero vengano risolte in futuri titoli. La premessa è intrigante: ci si trova sempre con le spalle al muro.

Arti marziali e strategie segrete

Fights in Tight Spaces si presenta con un design più affilato e ben strutturato rispetto al suo successore fantasy. Lo stile grafico minimalista conferisce personalità al gioco, mentre il sistema di controllo di un solo personaggio risulta più comprensibile. La limitata varietà di carte rende l’approccio più flessibile in base alle situazioni. Dopo aver giocato a Knights, ho trovato semplice completare i primi capitoli del predecessore senza subire danni.

Ma qual è la vera essenza di questo gioco? Gli sviluppatori hanno un motto che incarna perfettamente il concetto: “Stanze piccole, mente disciplinata. Stanze ampie, mente debole”. Questo ricorda anche Léon di Luc Besson, dove la protagonista apprende che, avvicinandosi al bersaglio, le cose si complicano. Gli spazi angusti creano situazioni uniche, impossibili da replicare in arene più grandi.

L’innovazione degli spazi ristretti

Ground Shatter esplora questa dinamica, allontanandosi dagli ambienti tipici dei combattimenti epici nei videogiochi. In giochi come Devil May Cry, i corridoi rappresentano luoghi relativamente sicuri, mentre l’apertura dell’arena segna l’arrivo di nemici più temibili. In questo contesto, spazi ristretti non significano necessariamente un vantaggio. I nemici possono attaccare da lontano, obbligandoci a schivare i proiettili per ridurre la distanza, ma è proprio negli spazi angusti che la vera magia di Tight Spaces si manifesta.

Immaginate di schivare un attacco, di infilarsi dietro un avversario e farlo colpire da un compagno. Ma attenzione, perché un ninja malvagio potrebbe colpirvi da un altro lato e le carte di movimento potrebbero non bastare. Ogni azione, che sia un attacco o una difesa, è rappresentata da una carta che richiede un certo punteggio di momentum o combo, rendendo ogni turno una sfida strategica.

Il personaggio e il suo stile di combattimento

L’agente 11 si muove con disinvoltura tra le arti marziali, dal Kung Fu al Muay Thai, senza dimenticare il Judo e il Wrestling. Ogni turno è una questione di sopravvivenza: infliggere danni, allontanarsi dai nemici e farli colpire tra di loro è la chiave per il successo. I nemici possono infliggere danni devastanti, rendendo impossibile la strategia di avvicinarsi per incassare colpi.

Le opportunità di recupero salute sono scarse e, in caso di errori, il KO è dietro l’angolo. Knights in Tight Spaces offre un’esperienza più ambiziosa e ricca di archetipi fantasy, con ladri, necromanti e misteri magici. La storia inizia in una taverna, dove si seleziona il proprio archetipo tra diverse classi, ognuna con abilità uniche.

Un cast variegato e una scrittura semplice

Il cast giocabile è vario, con personaggi come il Ladro, agile e subdolo, e l’Arciere, che colpisce anche da lontano ma senza scudo. La questione magica porta a dialoghi differenti in momenti chiave, ma il sistema di gioco rimane piuttosto classico. Tuttavia, l’ambientazione è ricca di dettagli, con scenografie studiate e costumi che sembrano autentici viandanti fantasy.

Mentre Fights si concentrava su un design minimalista, Knights esplora ambienti pieni di oggetti e illuminazione, rendendo l’esperienza visivamente gradevole. La magia introduce variabilità nelle strategie, dalla palla di fuoco al tornado, che può spostare tutti i personaggi in gioco.

Le sfide della casualità

Tuttavia, una critica comune a entrambi i giochi è la casualità nella disposizione iniziale dei personaggi, che può portare a situazioni disperate. Potreste trovarvi in un vicolo cieco, costretti a ripartire da capo, e a volte la difficoltà può sembrare eccessiva. In Knights, le carte di cura sono disponibili, ma un attacco devastante può ridurvi al silenzio.

In un’occasione, ho affrontato un boss finale con un mazzo inadatto, costringendomi a trovare strategie alternative. Il sistema di Knights richiede una pianificazione attenta e la scelta dei personaggi può influenzare notevolmente l’esperienza di gioco. Il bilanciamento è importante e sarebbe utile avere la possibilità di ripartire ad ogni livello di difficoltà.

In definitiva, ho vissuto momenti esaltanti e sfide frustranti, ma l’esperienza finale è stata positiva. Sono curioso di vedere cosa riserveranno futuri titoli, magari un Lights in Tight Spaces ispirato agli archetipi horror sci-fi. Non è finita qui, e sono pronto per nuove avventure con carte che promettono colpi e sorprese.