Nel 1983, Nintendo si trovava di fronte a un momento cruciale. Il suo primo sistema di videogiochi, il Famicom, aveva appena debuttato in Giappone e i piani per portarlo negli Stati Uniti erano in fase di sviluppo. Tuttavia, il passaggio dalle sale giochi alle case dei giocatori richiedeva una strategia di marketing particolarmente delicata. Nintendo of America doveva convincere il pubblico occidentale che i giochi arcade non erano solo attrazioni da ammirare, ma esperienze da possedere.
Una strategia audace
Per raggiungere questo obiettivo, il gigante videoludico decise di adottare una strategia inusuale, aprendo le porte ai suoi personaggi più iconici, come Mario, e concedendo a società esterne la libertà di utilizzarli. Così, i personaggi di Nintendo iniziarono a comparire su diverse piattaforme, dai prodotti di merchandising a spettacoli animati, senza che la compagnia avesse un controllo diretto su di essi. Da questa libertà nacque la prima vera adattazione di Mario al di fuori dei videogiochi: Donkey Kong Goes Home, in cui Mario parlava per la prima volta.
Un album dimenticato
Pubblicato su vinile nel 1983 dall’etichetta Kid Stuff Records, Donkey Kong Goes Home è un album musicale per bambini che è andato quasi completamente dimenticato. Si presenta come un’odissea di 20 minuti, mescolando melodie degli anni ’80 e interludi di narrazione che si distaccano notevolmente dall’atmosfera dei giochi. L’album racconta la storia di Donkey Kong, fornendogli un passato, spiegando come sia finito a scalare un cantiere e reimmaginando la sua “dama in pericolo”, Pauline, come una simpatica ragazza delle pizze. La cosa più significativa è che presenta un Mario completamente vocalizzato, quasi un decennio prima che Charles Martinet prendesse parte al personaggio.
Un pezzo di storia di Mario
Nonostante Donkey Kong Goes Home rappresenti un capitolo importante nella storia di Mario, oggi è praticamente sconosciuto: non ha una presenza digitale significativa e le poche tracce disponibili su YouTube hanno accumulato a malapena qualche migliaio di visualizzazioni. La sua esistenza è stata quasi fossilizzata, e scoprire di più su questo progetto richiede di rintracciare i creatori delle voci che per prime hanno dato vita a questi personaggi.
L’inizio di un’avventura
La storia della creazione di Donkey Kong Goes Home è piuttosto complessa e coinvolge una serie di eventi, tra cui un successo musicale degli anni ’80, un’iniziativa fallita di Blockbuster nel campo dei videogiochi e persino Vincent Price. Al centro di tutto ci sono due musicisti in cerca di nuove sfide: Pat McBride, un giovane musicista di Chicago e membro della band New Colony Six, e Dana Walden, tastierista della band R&B Champaign. Entrambi erano stanchi delle pressioni legate ai successi musicali e cercavano nuove strade creative.
Un incontro fortunato
McBride e Walden si incontrarono a un concerto e, grazie alla loro chimica, decisero di collaborare a un progetto di musica per bambini. La loro esperienza nel settore li portò a Kid Stuff Records, che desiderava produrre album per bambini. Con un team composto da altri due membri della Champaign, Rena Jones e Leon Reeder, iniziarono a lavorare su diversi progetti, tra cui album dedicati a Pac-Man che si distinguevano per il loro approccio narrativo.
L’opportunità con Donkey Kong
La loro esperienza con Pac-Man portò a un’opportunità ancora più grande quando Kid Stuff ottenne i diritti per Donkey Kong nel 1982, proprio nel momento in cui Nintendo stava introducendo Mario come personaggio principale. McBride e Walden furono incaricati di creare la prima vera adattazione di Mario, ma si trovarono a dover lavorare con pochissimo materiale di partenza, dato che la lore di Donkey Kong era limitata.
La genesi di Donkey Kong Goes Home
In pochi mesi, il team sviluppò Donkey Kong Goes Home, riempiendo i vuoti narrativi del gioco originale. La storia si svolge nella città di “Gamesville”, dove Donkey Kong è l’attrazione principale di un circo, mentre Mario gestisce una pizzeria. Tra malintesi e avventure, la narrazione si distacca notevolmente dalla trama del videogioco, presentando Mario come un personaggio vocale e dando vita a un mondo ricco di fantasia.
La voce di Mario
McBride, già autore di diverse performance vocali, prestò la voce a Mario, creando un accento italiano che, sorprendentemente, si avvicina molto a quello che conosciamo oggi. Non avendo alcuna indicazione da parte di Nintendo su come dovesse suonare Mario, McBride improvvisò un personaggio che si rivelò sorprendentemente coerente con quello che sarebbe diventato nel tempo.
Musica e innovazione
Le canzoni dell’album si discostano dalle tipiche produzioni per bambini dell’epoca. Le composizioni sono più complesse e attingono a diversi generi musicali. McBride e Walden hanno sfruttato le loro esperienze nel rock e nel pop per creare un album che potesse piacere anche ai genitori, pur mantenendo un’atmosfera ludica per i bambini.
Una risposta deludente
Sebbene Donkey Kong Goes Home venga accolto positivamente dal pubblico, la mancanza di entusiasmo da parte di Kid Stuff Records ha lasciato i creatori delusi. La compagnia non fornì feedback significativo e, dopo aver chiesto a McBride di unirsi a loro a tempo pieno, la loro collaborazione terminò bruscamente.
Un’eredità dimenticata
Oggi, Donkey Kong Goes Home rappresenta un pezzo di storia di Mario che è quasi scomparso. Nonostante l’importanza del progetto, la sua esistenza è stata in gran parte ignorata da Nintendo, lasciando i creatori a riflettere su un’epoca in cui avevano la libertà di innovare senza l’ombra di regolamenti aziendali. Pur essendo un semplice album per bambini, per McBride e Walden resta un simbolo di libertà creativa che appare sempre più distante nel panorama corporativo odierno.