Great Pretender è una serie che ruota attorno al tema del crimine, simile a Lupin III, ma con un’atmosfera meno caricaturale. Questo anime è caratterizzato da toni cupi e una certa durezza, affrontando argomenti come sesso, droga e la cruda realtà. I colori vivaci non risultano eccessivi e i design dei personaggi sono curati da Yoshiyuki Sadamoto, noto per il suo lavoro su Evangelion.
La storia di Edamura
Fin da subito, Great Pretender ci catapulta in un mondo di inganni e tranelli. Il protagonista è Edamura, un giapponese convinto di essere il miglior truffatore del mondo, che si sente tradito quando viene raggirato da un francese di nome Laurent Thierry. Nei primi episodi, Edamura viene coinvolto in una truffa orchestrata da Laurent a Los Angeles, che si complica ulteriormente con droga e un produttore hollywoodiano di dubbia moralità. Prodotto nel 2020, Great Pretender è emerso come un anime “post-Weinstein”, poiché il creatore Ryota Kosawa aveva iniziato a lavorare al progetto nel 2014, prima dello scandalo.
Un cast internazionale
A Los Angeles, Edamura incontra Abigail, una donna irachena decisa e intraprendente. La prima parte della serie si svolge in California, ma successivamente il racconto si espande, portandoci in luoghi come Singapore, Emirati Arabi, Francia e Londra. È chiaro che non si tratta solo di una serie di inganni, poiché ogni personaggio principale porta con sé un bagaglio emotivo e di esperienze che una serie come Lupin spesso ignora. La nazionalità irachena di Abigail gioca un ruolo importante nella narrazione, rendendo la serie più matura e profonda, soprattutto considerando che il suo autore non è un nome noto nel mondo degli anime.
Il creatore e il suo approccio unico
Ryota Kosawa ha pochi altri crediti nel mondo degli anime, essendo più conosciuto per le sue collaborazioni con Takashi Yamazaki, regista del recente successo Godzilla Minus One. Kosawa ha contribuito alla sceneggiatura dei film live-action Parasyte, basati sul manga horror di Hiroshi Iwaaki, e ha co-sceneggiato la trilogia Always: Sunset on Third Street, ambientata nella Tokyo degli anni ’60.
Il fatto che il creatore di Great Pretender provenga da un contesto “esterno” agli anime suggerisce che lo studio Wit, responsabile della serie, volesse proporre qualcosa di diverso dal consueto. Anche Yoshiyuki Sadamoto ha espresso idee simili, sottolineando come la serie si rivolga a un pubblico ampio e non solo agli appassionati di anime.
Riferimenti e stile visivo
Il titolo di Great Pretender richiama alla mente Cowboy Bebop, un’altra serie di avventure che ha rotto gli schemi. La sequenza di apertura è accompagnata da una colonna sonora jazz (composta da Yutaka Yamada) e presenta un gioco grafico che ricorda il lavoro del leggendario designer americano Saul Bass. In particolare, la sequenza di titoli sembra rendere omaggio alla scena iniziale del film Catch Me If You Can, diretto da Steven Spielberg.
Lo stile artistico della serie è influenzato anche da un artista britannico, Brian Cook. Sadamoto ha raccontato di aver scoperto i suoi lavori durante una visita a una libreria di Roppongi e di come queste opere abbiano ispirato la creazione degli sfondi e delle immagini di Great Pretender.
Un anime che va oltre
Tutto in Great Pretender sembra mirato a superare le convenzioni degli anime tradizionali, pur attingendo a tradizioni profonde e talvolta dimenticate. Edamura, ad esempio, offre un punto di vista giapponese, ma è circondato da personaggi di diverse nazionalità. Il regista Hiro Kaburagi, noto per l’anime thriller 91 Days, ha cercato di bilanciare i ruoli tra personaggi maschili e femminili e di rappresentare una varietà di etnie, rendendo i villain meno stereotipati e più complessi.
Sadamoto ha condiviso sentimenti simili, affermando che, sebbene la serie parli di truffatori, i personaggi sono umani e accessibili, il che li rende amabili e interessanti.
Great Pretender si presenta come un’opera che merita attenzione e che riesce a toccare temi universali attraverso una narrazione avvincente e personaggi ben sviluppati.