Videogiochi

Vile: exhumed, un’ingiusta censura

Dopo la recente ondata di censura che ha colpito piattaforme come Steam e itch.io, ora è il turno di un videogioco horror dal titolo VILE: Exhumed. Questo titolo, sviluppato da Fan Girl Games, un piccolo studio guidato dalla sola Cara Cadaver, è stato rimosso da Steam per presunta violazione delle nuove linee guida imposte dalla piattaforma di Valve.

L’autrice del gioco ha espresso il suo dispiacere in un comunicato, rivelando che VILE: Exhumed è stato completamente bandito dalla vendita su Steam. Cara ha spiegato che sta collaborando attivamente con il publisher DreadXP per cercare di rendere disponibile il gioco al più presto. Nella prossima settimana, i fan possono aspettarsi ulteriori aggiornamenti in merito.

È importante sottolineare che VILE: Exhumed non è stato censurato per la presenza di scene di violenza o di gore, ma piuttosto per la presenza di “contenuti sessuali con raffigurazioni di persone reali”. Questo dettaglio è particolarmente inquietante considerando che, se si ha familiarità con il gioco, si sa che i contenuti in questione sono per lo più impliciti, rendendo la censura ancora più difficile da digerire.

Cara ha dichiarato chiaramente di non voler cedere alla pressione della censura, affermando di non voler modificare la storia del gioco per accontentare chi non ne comprende il significato. Ironico è il fatto che un gioco che affronta tematiche come lo stalking e la violenza sulle donne, con l’intento di sensibilizzare il pubblico, sia stato colpito dalla censura. Questo è esattamente ciò di cui dovrebbe occuparsi anche Collective Shout, l’organizzazione australiana che ha contribuito a questa censura di massa attraverso le sue pressioni sulle società di pagamento.

La situazione di VILE: Exhumed rappresenta dunque un episodio emblematico di come la libertà di espressione nel mondo videoludico possa essere messa a repentaglio da decisioni arbitrarie e da una comprensione limitata di temi delicati. È fondamentale che i giocatori e i creatori di contenuti si uniscano per difendere il diritto di raccontare storie, anche quelle che affrontano argomenti scomodi.